Qualche domanda a Giuseppe Musto, autore di Quei maledetti giorni della mia vita da cani, in uscita il 18 febbraio.

Come sei venuto a conoscenza di Funambolo edizioni?

Per la prima volta con il concorso Carta Bianca organizzato da Switch On Future. Funambolo Edizioni era in giuria, ho visitato il vostro sito e ne sono rimasto piacevolmente colpito, soprattutto per il fatto che aveste una collana Humor. Così ho comprato un paio di titoli (Fame plastica e Io, lui & lei) e li ho divorati in pochi giorni. Da allora ho seguito con crescente curiosità il vostro lavoro.

Come nasce il tuo romanzo?

Nasce come racconto. L’avevo scritto ai tempi del liceo (già da giovane il mondo del lavoro mi terrorizzava!).
Quando ho cominciato a lavorare per davvero, ho scoperto che quel mondo era anche peggio di quanto avessi immaginato, e così ho deciso di rimetter mano al racconto e trasformalo in qualcosa di più articolato e complesso.

Perché scrivere?

Perché amo le parole, le rispetto, e credo siano in grado di cambiare quei piccoli universi che sono le nostre vite. Esplorare l’ignoto, scoprire nuove stelle, affondare le mani nei buchi neri della nostra coscienza. Questo è per me scrivere.

Tre aggettivi per definire il tuo libro.

Dissacrante, malinconico, chiassoso.

Perché comprarlo?

Per farmi arricchire, in modo tale che io possa lasciare il lavoro e vivere felice. Salvate la vita di un povero contabile!
Scherzi a parte, credo sia un romanzo che parla di noi tutti, del nostro rapporto ossessivo con il lavoro e della nostra incapacità cronica di goderci l’istante.