“50 sfumature di grigio” è il libro del momento. Oltre 100 milioni di copie vendute in tutto il mondo, tradotto in 51 lingue ed ora anche in versione cinematografica, in uscita il 12 febbraio. Una storia d’amore tra bondage ed eccessi, lontana dagli stereotipi alla Rossella O’Hara, dove il massimo della trasgressione era alzarsi la gonna sopra il ginocchio. Eppure di brividi ne provocava.

Partendo dal presupposto che “de gustibus non est disputandum” per cui “ogni scarrafone è bello a mamma soja” perché “non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace” , attorno alle 623 pagine sfumate di giallo paglierino stile Oscar Mondadori si è creato un vero e proprio fenomeno. La scrittrice E. L. James, da anonima inglese a una delle donne più influenti del mondo, non si è persa in chiacchiere e, per saziare l’animo dei lettori, ha subito sfornato i sequel “50 sfumature di rosso” e “50 sfumature di nero”, ha impennato le vendite di giochi erotici, ha normalizzato le fantasie proibite di milioni di donne e sostanzialmente ha reso possibile sognare un attico a Vancouver.

Io il libro l’ho letto. Mossa dalla curiosità mediatica più che dalla semplice passione letteraria. Ne sono uscita indenne, non mi sono scoperta attratta da pratiche sadomaso, e mi sono fermata alla prima sfumatura, tralasciando il rosso e il nero. Ovviamente da ciò si deduce che il libro non mi è piaciuto affatto. Per tutta una serie di ragioni. Il ritratto del personaggio femminile, Anastasia, sembra quello di un’adolescente; quello di lui, Christian, cerca di avvicinarsi al Richard Gere di Pretty woman, ma con meno appeal. Il libro di per sé è scritto con una semplicità disarmante: se escludiamo alcuni termini “tecnico-erotici” il livello è da terza media. Non si fa nessuno sforzo di comprensione o di metalettura. E forse è proprio questo il segreto del suo successo: si può leggere in metro, sotto l’ombrellone o alla cassa del supermercato senza comprometterne la ricezione. Al passo con i tempi di oggi, dove tutto è immediatezza e dove lo sforzo mentale è relegato ormai a qualche trattato di filosofia. Merito o difetto?

La storia d’amore, dovunque la si guardi, è banale. Già dal primo «quando le nostre dita si toccano, sento una strana, inebriante scossa. Ritiro subito la mano, imbarazzata. Dev’essere l’elettricità statica. Sbatto in fretta le palpebre, a ritmo con il battito del mio cuore» si comprende che sarà l’ennesima storia d’amore tormentata e dolorosa. Che il dolore fosse soprattutto fisico lo si deduce poco dopo. L’unica differenza tra “50 sfumature di grigio” e “Tre metri sopra il cielo” è l’uso del bavaglio. Perché se ormai “si sa” che nei romanzi le storie d’amore vanno a “finire così”, il bello è quello che c’è tra l’inizio e la fine, il suo sviluppo oltre l’arido uso di parole da soap opera. Ciò che rimane del primo incontro tra i due protagonisti è l’immagine di una donna che ha le palpebre impazzite. Che neanche Brooke di Beautiful alla prima richiesta di matrimonio da parte di Ridge.

Al momento “50 sfumature di grigio” non figura nella lista dei 10 libri più venduti di sempre. Resiste “Il Piccolo Principe” con oltre 140 milioni di copie vendute. E non è un caso che noi di Funambolo Edizioni preferiamo il Principe al bondage. Ma questa è un’altra storia…